Sarà proiettato mercoledì 12 novembre, alle ore 15 all’Università (Arezzo, viale Cittadini, campus del Pionta, aula 1), il documentario dell’Istituto Luce “Me ne frego! Il Fascismo e la lingua italiana”, nato da un’idea di Valeria Della Valle, per la regia di Vanni Gandolfo.

Dopo l’introduzione della professoressa Loretta Fabbri, direttore del Dipartimento di Arezzo dell’Università di Siena, con l’autrice e il regista interverranno i docenti del Dipartimento Patrizia Gabrielli, Andrea Martini e Giuseppe Patota. Coordinerà Camillo Brezzi, direttore scientifico dell’Archivio diaristico nazionale di Pieve Santo Stefano.

Il documentario, presentato e apprezzato all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, racconta la storia delle iniziative del Fascismo nei confronti della lingua italiana, attraverso la testimonianza delle immagini e delle voci dell’Archivio dell’Istituto Luce. Dal 1922 al 1943 gli esponenti del regime praticarono una politica linguistica fondata su principi nazionalistici e puristici. Il documentario descrive attraverso filmati d’epoca, molti dei quali inediti, la “bonifica linguistica” messa in atto dal regime: non solo i discorsi del duce ma la lingua usata a scuola, alla radio, nel cinema, nel doppiaggio.

«Mussolini cercò di creare un “italiano nuovo” – spiega Valeria Della Valle, docente di linguistica italiana all’Università La Sapienza di Roma – che doveva conformare la sua condotta al dogma di “credere, obbedire, combattere”: questo “italiano nuovo” doveva esprimersi in una lingua nuova, virile, dalla quale andava eliminato tutto ciò che era considerato diverso dall’italiano concepito come ‘lingua di regime’. Le tappe di questo tentativo di manipolazione – prosegue la professoressa – sono state la campagna contro i dialetti, la lotta alle lingue straniere in nome dell’autarchia linguistica, la repressione delle minoranze linguistiche, la sostituzione del pronome voi al pronome allocutivo lei».

Nel 1940 una legge proibì l’uso delle parole straniere nelle insegne, nella pubblicità, nei nomi delle strade, dei luoghi, delle persone, con sanzioni che arrivavano fino alla detenzione. Il documentario ricostruisce la campagna contro le parole straniere, sia attraverso stralci di film nei quali si mettevano in caricatura gli snobismi della borghesia, sia attraverso le testimonianze degli intellettuali del tempo.

A distanza di quasi 70 anni dalla fine del Fascismo per Valeria Della Valle «è rimasto poco, quasi nulla, del tentativo di politica linguistica orchestrato dal regime e le parole e le espressioni del duce rimaste nella memoria degli italiani sono pochissime: i colli fatali, il colpo di spugna, il bagnasciuga. E un motto, quello sprezzante “Me ne frego!” scelto come titolo del documentario per non far dimenticare un’altra campagna fallita del Fascismo: quella della ‘lingua di regime’».

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